Grotta Azzurra Difficoltà: Media Profondità max: -33 Luogo: Punta della Quaglia
 
 

Ci sono immersioni ormai entrate nella leggenda, tra queste la Grotta Azzurra di Capo Palinuro che presenta motivi di interesse tali da poter essere definita unica. La vastità del salone cen­trale, la conformazione a tunnel, le pareti sovrabbondanti di fauna bentonica, la presenza di sorgenti idrotermali, speleotemi sommersi e un affascinante percorso subaereo tra colonne stalatto-stalagmitiche e colate alabastrine. A seconda di quale percorso si sceglie, l'immersione è adatta a tutti i livelli di preparazione. In ogni caso, indipendentemente dalla difficoltà dell'itinerario, è bene, come sempre, farsi guidare da esperti dei luoghi in grado di illustrare al meglio ed in sicurezza la magia della grotta. Una sola immersione non basta per rendersi conto della molteplicità di soggetti a carattere geo­logico, biologico e scenografico. Lunga 85 mt. e larga 90, la grotta Azzurra attraversa Punta della Quaglia partendo dall'ingresso principale (max. -20 mt.), sovrastato da un diaframma di roccia sommersa al di sopra del quale entrano le barche, fintanto che la volta prosegue sotto la superficie, per raggiungere il grande ingresso secondario (max. - 33mt) da cui filtra la luce che rende l'acqua turchese. Pinneggiamo per 25 mt. lasciando l'atrio per il ritorno, ci troviamo così sulla "soglia" dove il grande salone si apre e il fondo degrada verso la massima profondità. Di fronte a noi l'intensa luce azzurra e sopra, lo specchio acqueo interno che lascia trasparire le pareti subaeree. Dirigendoci a sinistra incontriamo le "colonne", che con i loro tre metri di altezza testimoniano come un tempo molto lontano a questo livello non c'era acqua, altrimenti non avrebbero potuto formarsi. Superato il "fitone", masso dalla forma particolare, arriviamo alla famosa Sala della Neve. Dal fango sgorgano le sorgenti di acque sul­furee (24°) che permettono il proliferare dei batteri dello zolfo sotto forma di un soffice tappeto bianco che riveste le pareti. L'acqua è tiepida, opalescente o bian­co latte per lo zolfo colloidale in sospensio­ne, il paesaggio irreale, siamo tra le nuvole. La visita è riservata ai veri esperti in quanto il fondo è fangoso, il buio totale e le bolle dell'autorespiratore fanno cadere, simili a fiocchi di neve, flocculi di solfobatteri. Fortunatamente il fenomeno è osservabile anche se non entriamo nella sala in quanto le acque calde, più leggere, riempiono la cupola e tracimano verso l'alto formando un inconfondibile ruscello bianco in cui il sub­acqueo può "toccare con mano" la differen­za di temperatura. Scostandoci di poco dalla parete, ben equilibrati a mezz'acqua, troviamo il punto chiave dove un emozionante colpo d'occhio generale, tra riflessi e controluce, ci fa capire la vastità dell'ambiente. Giungiamo così alla grande uscita secondaria con la "finestra" da cui possiamo ammirare una numerosa famiglia di saraghi pizzuti. Siamo ritornati alla soglia dove incontriamo gli esili e piumosi gigli di mare, dalla forma pentaraggiata e il colore rosso, giallo o variegato. Avevamo lasciato l'atrio per ultimo e il manometro ci dice se soffermarci ulteriormente in quest'area che merita da sola un'immersione. Nelle spaccature l'elegante corvina e sua maestà la cernia , nelle nicchie laterali miriadi di pesci rossi, i re di triglie. Onnipresenti i colorati molluschi nudibranchi tra cui la lumaca pellegrina, la viola flabellina, la vacchetta di mare e la planaria rosa, verme piatto simile ad una sottile lamina vivente. La volta appare di un arancio intenso per la massiccia colonizzazione degli astroidi, madreporari sciafili che prediligono lo scuro e vivono solo al di sotto di una certa latitudine. Essi lasciano il posto alle gialle margherite di mare man mano che ci avviciniamo all'uscita. Le dimensioni sono più grandi della norma (gigantismo), grazie alla conformazione a tunnel della grotta che facilita il ricambio d'acqua e un proporzionale apporto di nutrimento. Se tempi e consumi lo consentono raggiungiamo tre sorgenti sulfuree esterne. Prima di emergere, durante la sosta precauzionale, possiamo osservare dei grandi buchi circolari nella roccia. Sono le "marmitte dei giganti", scavate nel tempo, da ciottoli più o meno grandi spostati dal moto ondoso. Lato destro e sinistro, hanno caratteristiche differenti e richiedono due visite distinte per non trasformare il giro in una inutile e affannosa corsa. Tratto da: ISSD - Grotte Marine d'Italia - Memorie dell'Istituto Italiano di Speleologia 6 - Serie II Bologna 1994 A cura di M.Alvisi, P.Colantoni, P.Forti